Aree protette

Logo stampa
 
Aree protette - rana
Siete in:  Home /  Aree protette / Buone pratiche
 
 

Notizie

Quale futuro per i boschi dopo Vaia?

Per riflettere sugli approcci gestionali futuri, la Rete di Riserve Fiemme-Destra Avisio ha organizzato un convegno a Cavalese e una visita ai territori svizzeri colpiti negli anni Novanta da devastanti tempeste.
Qui trovate il report e i video del convegno.

 


A
d un anno dalla tempesta Vaia, un doppio momento di riflessione sugli scenari gestionali possibili per il recupero ecologico degli habitat naturali forestali, proposto dalla Rete di Riserve Fiemme-Destra Avisio.

Il 27 settembre si è tenuto a Cavalese presso il Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme il convegno “Quale futuro post Vaia?” con circa 120 partecipanti, mentre il 3-4 ottobre un gruppo di amministratori, tecnici e addetti ai lavori si è recato a Disentis/Mustér in Svizzera per vedere dal vivo gli esiti delle strategie adottate nel Canton Grigioni dopo le tempeste Vivian (1990) e Lothar (1999).

Dodici mesi dopo la tempesta, dedicati alla gestione dell’emergenza, la Rete ha ritenuto importante riflettere su quanto accaduto con uno sguardo al futuro, come spiegano il presidente della Comunità Territoriale Giovanni Zanon e il coordinatore tecnico della Rete Andrea Bertagnolli: “Le foreste rappresentano i nostri migliori alleati per mitigare la crisi climatica. Gestirle tenendo in considerazione tutti i servizi ecosistemici e favorendone la multifunzionalità è fondamentale, specialmente in un contesto ricco di boschi come il nostro. I casi studio presentati ci dimostrano che la foresta non ha necessariamente bisogno dell’uomo - i boschi ricresceranno ugualmente, con o senza il nostro intervento -, è invece l’uomo che ha bisogno di una foresta che possa fornire nella maniera migliore i suoi servizi, che non solo solamente quelli legati alla produzione del legname”.

 

IL CONVEGNO

Il convegno, organizzato in collaborazione con Etifor (spin-off dell’Università di Padova), ha affrontato il tema del recupero degli habitat forestali e analizzato possibili soluzioni per il futuro.
Gli interventi tecnico-scientifici hanno fornito una panoramica degli effetti della tempesta, con particolare attenzione agli impatti sui delicati ecosistemi forestali trentini. L’accento è stato posto sull’importanza di un approccio cooperativo da tenere in presenza di eventi estremi, basato su una visione d’insieme. Molti studi hanno anche rilevato che l’esbosco del legname schiantato può comportare una riduzione degli indici di biodiversità.
Qui sotto trovate il report del convegno ed i link ai video.


WORKSHOP INTERATTIVO

Durante il convegno è stato organizzato un workshop con i portatori di interesse del territorio, che hanno discusso le criticità̀ e formulato proposte operative su diverse tematiche: dagli approcci gestionali alternativi agli impatti sui servizi ecosistemici della foresta, dall’ecologia e biodiversità dei boschi alla comunicazione dei rischi.
Vedi sotto le riflessioni affrontate e le relative proposte.


L’ESEMPIO DELLA SVIZZERA

Le tempeste e i relativi danni da vento agli ecosistemi forestali non sono certo nuovi in Europa, anche se le serie storiche denotano aumento della frequenza di questi fenomeni meteorologici intensi, praticamente assenti fino agli anni ‘70.

I danni maggiori ai boschi sono stati causati dalle tempeste Vivian (1990) e Lothar (1999), che hanno causato rispettivamente più di 100 e più di 200 milioni di metri cubi di schianti in Europa, con ingenti danni anche in Svizzera, dove la situazione era molto simile a quella dell’attuale Val di Fiemme.

A distanza di 20-30 anni è stato interessante notare i diversi impatti delle differenti tecniche di ripristino. 
Per quanto concerne la rinnovazione, quella artificiale è senza dubbio di aiuto per accelerare i tempi di ritorno ad una copertura forestale (con un’altezza delle piante a 20 anni superiore fino a 2-3 metri rispetto a rinnovazione naturale).
Per quanto riguarda la gestione del legno schiantato, il rilascio o meno del materiale al suolo dipende anche dalla funzione della foresta: una foresta protettiva avrà priorità e indirizzi gestionali molto diversi da una foresta produttiva. Lasciare gli schianti al suolo può essere molto importante qualora la foresta non abbia vocazione produttiva, e dove si vogliano quindi privilegiare gli aspetti di protezione e di valore naturalistico, come nel caso di aree protette.

Il convegno e la visita in Svizzera hanno evidenziato come non esistano soluzioni universalmente applicabili, ma soprattutto che dovremo fare squadra, aprirci a sperimentazioni e approcci gestionali innovativi. Dobbiamo scongiurare il rischio che Vaia non cambi nulla nel nostro modo di gestire le foreste: sono convinto che la pianificazione futura debba porre più attenzione a tutte le funzioni del bosco, non solo quella economica, ma anche quella protettiva ed ecosistemica. Dobbiamo aprire una profonda riflessione per capire cosa vogliamo per il futuro e su questo basare la nostra pianificazione forestale”, conclude Bertagnolli.

 

 
PER APPROFONDIRE