Clima di festa ieri al rifugio malga Sauch, nel comune di Giovo, per il rinnovo della convenzione che istituisce la Rete di riserve val di Cembra Avisio.
Via libera oggi dalla Giunta provinciale alla nuova convenzione novennale del Parco Fluviale della Sarca, nonché al Programma degli interventi del Parco 2023-2025.
L'intesa rappresenta l'importante e necessario passaggio per l'adozione definitiva del Piano da parte della Giunta provinciale, tappa fondamentale di un lungo iter, avviato dai tre settori del Parco nel 2017.
Walter Ferrazza è stato eletto nel Consiglio direttivo di Federparchi. Rieletto anche un altro trentino Marco Katzemberger, protagonista da anni delle attività del Parco.
In seguito alla riforma del 2021, volta a semplificare le procedure di programmazione degli interventi a tutela dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile, la Giunta provinciale ha approvato le convenzioni novennali per la Rete di riserve Val di Cembra Avisio e il Parco Naturale Locale Monte Baldo. Approvati anche il programma triennale degli interventi e quello finanziario.
Via libera all'attuazione della riforma delle Reti di riserve, per semplificare le procedure di programmazione degli interventi a tutela dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile che caratterizzano l'operato delle Reti. La convenzione novennale tra i Comuni e le Comunità interessate e la Provincia (ed altri soggetti, in determinati casi) rappresenterà lo strumento di governance generale della Rete.
* Artenreiche montane Borstgrasrasen (und submontan auf dem europäischen Festland) auf Silikatböden
* Species-rich Nardus grasslands, on silicious substrates in mountain areas (and submountain areas in Continental Europe)
Habitat caratterizzato da formazioni erbacee perenni chiuse, asciutte o mesofile, ricche di specie e con nardo dominante, che si sviluppano sui suoli silicei nelle regioni atlantiche, subatlantiche e boreali, dalle basse pianure alle regioni collinari e montane. Nelle Alpi, queste comunità sono quasi sempre diffuse a quote più elevate, fino a livello subalpino. Non raramente i nardeti sono sviluppati anche su suoli relativamente profondi (dilavati e decarbonatati) originatisi da substrati a matrice carbonatica, specialmente se marnoso-terrigena. Di fatto questo tipo include oltre ai nardeti le comunità acidofile ad essi affini. Le indicazioni del manuale sono molto chiare ed escludono che si possano attribuire a questo habitat, considerato prioritario, le situazioni irreversibilmente degradate generate dall’eccessivo carico pascolante.
Il riconoscimento dei nardeti, di qualsiasi tipo, non comporta difficoltà interpretative, trattandosi di un gruppo di specie ben segregato e identificabile. I nardeti montani sono riferiti all’ordine Nardetalia (qualche autore riconosce anche una classe Nardetea, distinguendola da Calluno-Ulicetea), complessivamente poco variabile nelle regioni dell’Italia nordorientale, fatto comprensibile trattandosi di un’unità a gravitazione subatlantica. Come riferito in 6150, le comunità ricche di nardo, localizzate ad alta quota, sopra il limite della foresta, appartengono all’alleanza Nardion della classe Caricetea curvulae e, pertanto, vanno ad esso riferite. Tra gli aspetti interessanti, e talvolta molto ricchi di specie, si possono menzionare quelli a Festuca paniculata, spesso derivanti da fasi di abbandono del pascolo estensivo sui versanti soleggiati. Frequenti sono, a quota montana, i contatti con praterie magre di 6210, oppure con situazioni più igrofile tendenti ai molinieti (6410).
Dominanti:
Nardus stricta, Agrostis tenuis, Anthoxanthum odoratum, Avenella flexuosa, Festuca nigrescens.
Caratteristiche:
Antennaria dioica, Arnica montana, Campanula barbata, Carex pallescens, Carex pilulifera, Chamaespartium sagittale (EN), Danthonia decumbens, Galium pumilum, Gnaphalium sylvaticum, Hieracium aurantiacum, Hieracium hoppeanum, Hieracium lactucella, Hieracium pilosella, Holcus mollis (NT), Hypochoeris maculata (NT), Luzula campestris agg., Melampyrum pratense, Polygala vulgaris, Pseudorchis albida, Veronica officinalis, Viola canina.
Altre:
Botrychium lunaria, Botrychium matricariifolium (CR), Briza media, Calluna vulgaris, Carex leporina, Carlina acaulis, Cirsium acaule, Crepis aurea, Dactylorhiza sambucina, Deschampsia caespitosa (aspetti umidi e degradati), Diphasiastrum complanatum (EN), Festuca tenuifolia, Gentiana acaulis, Geum montanum, Gymnadenia conopsea, Homogyne alpina, Hypericum maculatum, Meum athamanticum (EN*), Molinia caerulea, Nigritella nigra, Peucedanum carvifolia (VU), Phleum rhaeticum, Poa alpina, Potentilla aurea, Potentilla erecta, Rhinanthus minor, Scorzonera humilis, Thymus pulegioides, Trisetum flavescens, Vaccinium myrtillus.
Estinte:
Botrychium lanceolatum §, Botrychium multifidum §.
Pur essendo considerato un habitat prioritario, esso è stato censito nella maggioranza dei siti provinciali, con un’apprezzabile superficie.
Con la sola eccezione di quelli primari extrasilvatici, che non rientrano in questo codice, i nardeti sono praterie di origine secondaria, almeno a livello alpino. Essi possono essre mantenuti dalle pratiche colturali. Tradizionalmente il pascolo prevale sulla falciatura ma non deve essere troppo intensivo. In assenza di cure colturali l’evoluzione è verso la brughiera nelle zone più asciutte e ventose e verso l’affermazione del bosco di conifere (abete rosso e pino silvestre). A quote collinari e submontane, situazione rara in Trentino, la vegetazione potenziale su terreni magri e acidi sarebbe rappresentata da comunità di Quercion robori-petraeae in cui, localmente, betulle e castagni possono essere prevalenti. Tra gli stadi di rimboschimento naturale, olte ai nuclei di betulla, si osservano quelli a pioppo tremulo, raramente con noccioli e/o tigli. A quote subalpine, in stazioni innevate, si possono sviluppare i rodoro-vaccinieti (4060) e le alnete a ontano verde. Stadi di degradazione conseguenti all’abbandono dopo un eccessivo pascolamento posssono favorire ginepri e rose di macchia (5130).
Un’interpretazione troppo letterale della priorità attribuita a questo habitat in ambito europeo produrrebbe distorsioni pericolose della stessa finalità cui è ispirata la direttiva habitat, cioè quella di conservare e tutelare la biodiversità. In particolare il caso limite può essere rappresentato da un pascolo umido con nuclei di torbiera basifila (7230) o di transizione (7140). Poiché gli habitat torbicoli sopraccitati non sono considerati prioritari, mentre lo è il nardeto, si potrebbe ipotizzare che un drenaggio praticato per favorire il pascolo a nardo sarebbe auspicabile. Non è necessario essere esperti geobotanici per comprendere come in ambiente alpino (quanto meno) le zone umide torbose siano ecologicamente assai più rilevanti dei nardeti, a prescindere dalla priorità accordata a 6230.
Il pascolamento tradizionale, purché non eccessivo, è la condizione fondamentale per la conservazione di questo habitat. In Alto Adige è diffuso, ancor oggi, anche lo sfalcio che ha il pregio di rendere queste praterie paesaggisticamente molto più attraenti e di aumentare il numero di specie presenti nel popolamento. In Trentino la falciatura era praticata in passato (M. Gazza, M. Bondone, Finonchio, Folgaria, Pasubio, ecc.), ma è oggi quasi ovunque abbandonata, con conseguente deciso impoverimento floristico. Variazioni di composizione floristica sono determinate quasi sempre dalle modalità gestionali piuttosto che dai fattori naturali e contribuiscono comunque al mantenimento della biodiversità. I prati di bassa quota sono più vulnerabili e soggetti all’avanzata del bosco. A livello subalpino il processo è più lento e il mosaico nardeto-rodoreto (con parchi di larici nelle adiacenze) è una delle note peculiari del paesaggio, specialmente nei settori a substrato siliceo prevalente.