Da lunedì 16 ottobre fino ad ultimazione lavori rimarrà chiuso un tratto della passerella-sentiero lungo la riva occidentale del Lago di Toblino, per interventi di manutenzione straordinaria e valorizzazione ambientale.
Adottato in via definitiva il piano del Parco Nazionale dello Stelvio, acquisita nei mesi scorsi l'intesa del Comitato provinciale di coordinamento e d'indirizzo.
A dieci anni dal loro avvio, le recenti modifiche alla disciplina delle Reti di Riserve hanno ridefinito parzialmente la cornice per il loro funzionamento. In un recente incontro sono stati illustrati punti di forza e di debolezza, ma anche i possibili sviluppi futuri.
Scoprire le montagne patrimonio dell’umanità attraverso un’esperienza interattiva, alla portata di tutti. È ciò che offre il portale Dolomites World Heritage Geotrail, lo strumento – ora online – che permette di “leggere” in modo semplice e multimediale la geologia delle Dolomiti, in un viaggio lungo le ere geologiche che hanno plasmato questo territorio unico al mondo.
Approvato dalla Giunta provinciale il programma degli interventi per il triennio 2023-2025 del settore Trentino del Parco Nazionale dello Stelvio, da realizzare anche in collaborazione con la Comunità di Valle e i comuni interessati.
Clima di festa ieri al rifugio malga Sauch, nel comune di Giovo, per il rinnovo della convenzione che istituisce la Rete di riserve val di Cembra Avisio.
Kalkreiche Niedermoore
Alkaline fens
Questo tipo di habitat è relativamente diffuso nella fascia montana e subalpina ma, spesso, frammentario e molto articolato, con altri tipi di ambienti umidi ad esso associati. Le torbiere basse alcaline sono edificate da piccole carici e ospitano numerose specie, sia vascolari che briofitiche. I suoli, ricchi di basi, sono minerotrofici, ad elevata conducibilità, con pH da alcalino a subacido (contatti con torbiere di transizione e con i molinieti nelle aree pianeggianti).
In questo habitat sono da comprendere tutte le comunità di Caricion davallianae. Le indicazioni fornite dal manuale, consentirebbero di assimilare a questo tipo anche situazioni intermedie e le aree di contatto con le altre comunità igrofile a piccole carici e a Molinia. In mancanza di uno specifico codice, anche i nuclei di sorgente, almeno quelli diffusi su pendio, possono esservi associati. In complessi torbosi si potranno riferire a 7230 anche le piccole aree con canneti e magnocariceti. La loro frammentazione è spesso derivante da bonifiche e costruzione di infrastrutture. Il riconoscimento non pone difficoltà ed è spesso agevolato, oltre che dalle specie guida, dalle vistose fioriture di eriofori ed orchidee palustri. La distinzione di alcune situazioni, ad esempio con Carex nigra, rispetto a 7140 può essere agevolata da criteri geomorfologici. Di regola, infatti, 7140 occupa stazioni pianeggianti con maggiore ristagno rispetto a 7230 che predilige stazioni debolmente inclinate con ruscellamento. Da ricordare, infine, che comunità di Caricion davallianae possono svilupparsi anche su suoli a matrice silicatica purché non troppo calciocarente (es. porfidi).
Un’interpretazione estensiva del manuale (si confronti un passaggio a pag. 78) consentirebbe di risolvere il problema dell’attribuzione di un codice Natura 2000 ad alcuni tipi di fragmiteti e magnocariceti, per i quali rsesta l’esigenza di garantire loro un codice che eviti l’oblio, constatata la loro indubbia valenza naturalistica.
Dominanti:
Carex davalliana, Schoenus ferrugineus (NT), Schoenus nigricans, Trichophorum caespitosum.
Caratteristiche:
Carex dioica (NT), Carex pulicaris (EN), Dactylorhiza incarnata (VU), Dactylorhiza traunsteineri (VU), Eleocharis quinqueflora, Epipactis palustris (VU), Eriophorum latifolium, Liparis loeselii (EN), Primula farinosa, Swertia perennis (VU), Trichophorum alpinum
Altre:
Agrostis stolonifera, Allium schoenoprasum, Aster bellidiastrum, Bartsia alpina, Blysmus compressus, Callianthemum coriandrifolium (NT), Cardamine rivularis (NT), Carex flava, Carex frigida, Carex hartmanii (VU), Carex hostiana, Carex juncella (DD), Carex lepidocarpa, Carex panicea, Dactylorhiza cruenta (VU), Dactylorhiza majalis (NT), Eleocharis uniglumis (NT), Equisetum palustre, Equisetum fluviatile (NT), Equisetum variegatum, Festuca trichophylla (NT), Galium uliginosum (NT), Herminium monorchis (VU), Juncus alpinoarticulatus, Juncus subnodulosus (VU), Molinia caerulea, Parnassia palustris, Pedicularis palustris (VU), Pinguicula vulgaris, Potentilla erecta, Primula farinosa, Salix repens subsp. rosmarinifolia (VU), Sesleria caerulea, Thalictrum alpinum (CR), Tofieldia calyculata, Triglochin palustre, Valeriana dioica, Willemetia stipitata. Importante la componente briofitica.
Estinte:
Carex capitata, Hierochloe odorata.
Diffuso in gran parte del territorio provinciale, anche se le superfici stimate appaiono inferiori a quelle di 7110. Ciò deriva certamente dai criteri utilizzati per la selezione dei biotopi. Va infatti considerato che lembi di questo habitat sono presenti nei pascoli regolarmente monticati (non di rado esterni ai SIC) e, talvolta, anche all’interno di formazioni boscate e, in tal caso, non cartografabili.
Le aree umide sono strettamente dipendenti dalle variazioni dell’afflusso idrico. In assenza di disturbo o di variazioni climatiche significative, le torbiere soligene di ruscellamento sono abbastanza stabili mentre quelle topogene, subacide e più fragili, potrebbero evolvere verso torbiere intermedie e/o molinieti. In stazioni subalpine si formano mosaici con saliceti e anche altri arbusti possono entrare. In stazioni di bassa quota è possibile l’ingresso di specie legnose gravitanti in Alnetea glutinosae.
Una lettura ed interpretazione estensiva del manuale, a prescindere dal titolo, dovrebbe consentire di riferire a questo habitat diversi tipi di ambienti umidi, anche non propriamente “torbosi”. Le situazioni migliori e più integre meriterebbero di essere considerate habitat prioritario. Di notevole pregio paesistico alcune facies al tempo di fioritura delle orchidee e degli eriofori.
Si tratta di ambienti fragili, come tutti quelli umidi, anche se sui pendii si assiste talvolta a fenomeni di ringiovanimento del suolo. Le captazioni idriche e i drenaggi per il miglioramento del pascolo rappresentano i rischi maggiori. L’eccesso di pascolo banalizza la flora e favorisce l’ingresso delle entità meno igrofile dai prati pingui adiacenti. Esperienze maturate in Germania consigliano uno sfalcio tardivo (agosto-settembre), a mano o con decespugliatore. Sembra sufficiente intervenire ogni due anni e comunque più frequentemente in siti meno umidi.
Tale habitat merita una maggiore attenzione in quanto il recente Libro Rosso degli habitat d’Italia lo pone nella lista di quelli a minaccia più alta.